Mastoplastica secondaria per complicanze legate alle protesi
L’impianto di protesi mammarie può determinare effetti sgradevoli, che richiedono un nuovo intervento. In questi casi si parla di mastoplastica secondaria. In alcune pazienti si possono manifestare complicanze come l’incapsulamento, in altre può essere necessario rimuovere o sostituire le protesi mammarie in seguito a rottura o usura. La procedura da seguire è diversa caso per caso e tiene conto delle esigenze espresse dalla paziente, oltre che ovviamente delle sue caratteristiche.

In presenza di incapsulamento (che si manifesta quando la protesi mammaria è stata rivestita da un tessuto fibroso che ne condiziona la forma e posizione, rendendo il risultato innaturale e antiestetico) è innanzitutto necessario rimuovere il tessuto fibroso che circonda la protesi. A questo punto, se la donna desidera conservare l’aumento mammario ottenuto con l’impianto di protesi, si provvede impiantando un nuovo dispositivo, spesso collocandolo in una posizione diversa, cioè tendenzialmente sotto il muscolo pettorale. Inserendo la protesi a un piano più profondo, infatti, è statisticamente più raro che si verifichi l’incapsulamento.

Come affrontare invece la rottura della protesi? Innanzitutto, è necessario effettuare una diagnosi corretta, che di solito parte da un insieme di segnali fisici come prurito, fastidio e bruciore locale. In presenza di questi campanelli d’allarme, abitualmente si fanno sia un’ecografia, sia una risonanza magnetica. In alcuni casi, però, si ha la certezza della rottura della protesi solo in sala operatoria, quando la si rimuove. Per maggior sicurezza, e per un risultato estetico migliore, di solito si sostituiscono entrambi i dispositivi. Ovviamente, la paziente può scegliere di rimuovere le protesi e non impiantarne di nuove, rinunciando in questo modo all’aumento mammario un tempo desiderato.

In mani esperte, la mastoplastica secondaria permette di raggiungere risultati comunque molto estetici, anche se il punto di partenza (ad esempio in eseguito a incapsulamento della protesi) è decisamente “brutto”
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