Sì, anche le protesi mammarie si possono rompere. La rottura si può verificare in seguito a un trauma o per usura del dispositivo, talvolta anche se non è stato impiantato molto tempo prima.

“Non è un fatto raro – dice Pietro Berrino – e del resto anche per questo si raccomanda alle donne eseguire controlli periodici”. L’evento non è evidente (per intenderci, la protesi quando si rompe non fa “Boom”), ma dà conseguenze come prurito, bruciore e senso di fastidio che spingono un professionista esperto a suggerire accertamenti come l’ecografia e la risonanza magnetica.

Ma cosa fare in caso di rottura?

Due sono le strade possibili, da percorrere in base ai desideri della paziente. Ci si può limitare ad espiantarla, insieme a quella dell’altra mammella, per ragioni di simmetria, oppure si provvede a sostituire entrambi i dispositivi.

“L’intervento non è urgente, ma va comunque affrontato in tempi brevi – dice ancora Berrino -. In caso di rottura il gel di silicone rimane in loco per molto tempo, ma per sicurezza non bisogna attendere troppo a lungo. L’intervento di espianto è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e può essere eseguito anche in questo periodo in tempi brevi, rivolgendosi alle strutture convenzionate che proseguono la loro attività. E, proprio in questo ambito, continua l’operatività presso la casa di cura ICLAS di Rapallo”.

Diverso il caso della sostituzione. “Impiantare nuove protesi è un intervento estetico e in quanto tale viene eseguito privatamente. La procedura è più semplice rispetto a quella della mastoplastica additiva”. In questo caso, infatti, esiste già la “tasca”, ovvero lo spazio destinato ad ospitare i dispositivi, e quindi può essere sufficiente eliminare le vecchie protesi e inserire quelle nuove. Per un risultato completamente estetico, spesso si coglie l’occasione del nuovo intervento per eseguire un piccolo ritocco, della forma, del volume o della posizione delle protesi, oppure“sollevando” il seno che con il passare degli anni può risultare un po’ cadente.